Disinformazione e pensiero critico

L'asino vola
4 min readOct 5, 2016

di Gigi Livio

Insistere sull’importanza dell’uso del pensiero critico oggi è più necessario e cogente che mai. L’appiattimento delle coscienze sul senso comune, che coincide, proprio in quanto comune, con il modo di sentire della stragrande maggioranza delle persone, fa sì che chi ancora esercita la critica di questo modo di interpretare il mondo costituisca un’eccezione; allargare quanto è possibile il numero di coloro che frequentano questa eccezione è il compito primario, oggi ma non solo oggi, degli intellettuali. (Ovviamente di quelli che non sono asserviti al potere, in buona o in cattiva fede non importa perché il risultato non cambia).

In questo mondo della comunicazione pervasiva e monodirezionata però si presenta un altro problema la cui enunciazione sfiora l’ovvietà: per esercitare il pensiero critico è necessario essere correttamente informati.

Per ciò che riguarda i problemi generali, per cavarcela con uno slogan, basterebbe approfondire la questione: per fare un solo esempio: è giusto o no abolire il liceo classico? Si tratta di studiare le varie posizioni, la vicenda del liceo classico e della sua incidenza nella storia, eccetera. A questo punto, esercitando il pensiero critico su basi correttamente storiche, per prima cosa ci si accorgerà che i cosiddetti “modernizzatori”, quelli che privilegiano non la scienza, ché ci sarebbe da discutere, ma la tecnica, non sono che persone superficiali al seguito della “moda” come sempre riconducibile agli interessi delle classi dominanti.

Ma se poi pensiamo invece a come siamo informati dai grandi quotidiani, dalla televisione e dalla parte più retriva, parte enormemente preponderante, di internet ci accorgiamo che

per esercitare il nostro pensiero critico è necessario conoscere le cose come realmente stanno,

cioè, appunto, conoscerle correttamente. Prendiamo due terribili fatti contemporanei che non sono questa volta semplici esempi ma eventi di importanza mondiale; la guerra in Siria e ciò che sta succedendo in Sudamerica dove si susseguono, uno dopo l’altro, colpi di stato, o tentativi per ora falliti come è il caso di ciò che avviene in Venezuela, istituzionali.

Per questo motivo, e cioè per contribuire a una conoscenza corretta di quegli eventi, questo mese partecipiamo ai nostri lettori -senza certo l’obiettivo di metterci, per numero di lettori, all’altezza dei grandi quotidiani ma ben consci di non frequentare certamente la loro bassezza morale- un articolo di Geraldina Colotti sulla situazione dell’America Latina, a cura mia, e uno di Davide Grasso, a cura di Ariela Stingi, convinti come siamo che, l’ho già detto ma ci tengo a ripeterlo in chiusura di questa breve nota, solo un’informazione corretta possa permettere l’uso del pensiero critico; che è poi ciò che ci interessa massimamente.

Caracas sul ring dei diritti

Venezuela batte Paraguay 88 a 21. Nella partita senza esclusione di colpi che le forze conservatrici sferrano da tutti i lati al socialismo bolivariano, il governo di Nicolas Maduro continua a segnare punti, ma il calcolatore mediatico non se ne accorge: silenzio stampa sul recente vertice di Margherita, che ha rappresentato oltre la metà del mondo e in cui Caracas ha assunto la presidenza dei paesi Non allineati; silenzio sulla diplomazia di pace che ha prodotto risultati storici come quello in Colombia: i giornali sono riusciti persino a cancellare la foto di Maduro da quelle della cerimonia ufficiale sulla firma degli accordi, a Cartagena; silenzio sulle iniziative del Venezuela all’Onu, dove Caracas ha la presidenza di due importanti organismi, il Consiglio di sicurezza e quello per i diritti economici e sociali…

Ieri, con 88 voti a favore e 21 contro, il Consiglio dei diritti umani dell’Onu ha respinto a Ginevra una proposta presentata dal Paraguay in rappresentanza di 29 paesi, tra i quali gli Stati uniti. Il testo intendeva sanzionare il governo venezuelano per presunte “violazioni ai diritti umani”, ma è stato respinto dai paesi africani, dai 21 paesi della Lega araba, dagli stati latinoamericani che compongono l’Alba, e da nazioni come Russia, Cina, India, Iran… Il pulpito da cui partivano le accuse non era certo dei più titolati, visto che il governo del Paraguay nasce da un golpe istituzionale contro l’allora presidente Fernando Lugo, nel 2012. Un format inaugurato nel 2009 in Honduras contro Manuel Zelaya e ripetuto di recente in Brasile contro Dilma Rousseff.

Una freccia all’arco di “un nuovo piano Condor” — hanno denunciato i paesi progressisti dell’America latina in un incontro internazionale che si è svolto in Ecuador. Un piano che prevede attacchi economici, finanziari, politici, giudiziari e mediatici, senza disdegnare il supporto concreto alle organizzazioni golpiste nei vari paesi. In quella sede, la ministra degli Esteri venezuelana, Delcy Rodriguez ha denunciato “l’attacco imperialista all’integrazione latinoamericana”e la presenza di 70 basi Usa nel Latinoamerica. Per l’occasione, l’Assemblea nazionale dell’Ecuador ha insignito la ex presidente argentina Cristina Kirchner dell’Ordine Manuela Saenz. Kirchner ha chiesto all’Ecuador di agire contro i fondi avvoltoio e i paradisi fiscali a partire dalla presidenza del G77+China, che attualmente esercita, per arrivare a una legislazione globale che tuteli i paesi del sud.

E come una vittoria sui mercati speculativi è stato salutato ieri a Caracas “lo storico accordo” firmato in Algeria dai paesi Opec, che stabilisce di ridurre la produzione di petrolio tra i 32,5 e i 33 barili giornalieri. Si tratta della prima intesa del genere realizzata dai paesi esportatori di petrolio dal 2008, a cui Venezuela ed Ecuador hanno lavorato intensamente dopo la drastica caduta del prezzo del barile.
Maduro ha annunciato che, nonostante la guerra economica, il bilancio 2017 destinato ai piani sociali sarà del 70%: progetti destinati alla produzione economica e all’educazione, alla casa, alla sanità, alle pensioni. Per combattere la speculazione e l’accaparramento di prodotti regolati, sono attivi meccanismi di distribuzione autogestiti: oltre 20.000 Comités Locales de Abastecimiento y Producción (Clap) che portano la spesa direttamente a casa nei settori popolari. “Questo è stato un settembre di pace e di grande forza popolare”, ha detto Maduro, dando le cifre del nuovo anno accademico e scolare: per il 2016–2017, un aumento del 75% nel livello di istruzione secondaria e oltre il 90% di quella universitaria.

Geraldina Colotti, il manifesto, 02.10.2016

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scritti molesti sullo spettacolo e la cultura nel tempo dell'emergenza

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