Petrolini a ottant’anni dalla morte

L'asino vola
4 min readNov 7, 2016

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di Ariela Stingi

Non ho mai visto Petrolini in carne ed ossa. Ero quasi neonato e lui morì. Mi dispiace. Mi dispiace ancora di più l’idea che presto, in carne ed ossa, non ci sarà più nessuno che l’abbia visto in carne ed ossa. Seguirà un’epoca — e questo mi sgomenta — in cui non ci sarà più nessuno che abbia visto qualcuno che lo abbia visto. (Vittorio Sermonti)

Petrolini. Questo nome per la maggior parte della mia generazione, ma forse non solo della mia, non significa nulla. Quando nel corso dei miei studi ho avuto l’occasione di conoscere l’opera di Petrolini, scoprendo la fama ed il successo che gli furono tributati ai suoi tempi, ho iniziato a riflettere sulla natura effimera del successo e a condividere lo sgomento di Sermonti. Man mano che procedevo nella conoscenza dell’arte di Petrolini, ho appurato quanto grande sia il suo lascito artistico, quanto ci sia ancora di Petrolini nella comicità moderna, quanti comici abbiano attinto o si siano ispirati indirettamente al suo vastissimo repertorio e, proprio per questo, dispiace che il suo nome e la sua opera siano oggi dimenticate dal grande pubblico e non solo.

Per ricordare Petrolini a ottant’anni dalla morte riporto qui sotto il testo di una delle sue “macchiette” più famose, Gastone, in cui si concentra, attraverso l’irrisione e la parodia, tutta la forza tragica del teatro petroliniano: “senza orrore di se stesso”.

Gastone, artista cinematografico, artista del “varieté” “danseur” “diseur”, frequentatore dei “Bal-tabarins”, conquistatore di donne a getto continuo, uomo che emana fascino, è una satira afferrata al bell’ attore fotogenico affranto, compunto, vuoto, senza orrore di se stesso.

Gastone, sei del cinema il padrone,
Gastone
Gastone.
Gastone, ho le donne a profusione
e ne faccio collezione
Gastone
Gastone.
Sono sempre ricercato
per le filme più bislacche
perché sono ben calzato
perché porto bene il fracche
con la riga al pantalone…
Gastone
Gastone.
Tante mi ripetono: sei elegante!
Bello, non ho niente nel cervello!
Raro, io mi faccio pagar caro
specialmente alla pensione
Gastone
Gastone.

Questa camminata l’ho inventata io. (Attraversa il proscenio con un passo di danza che accompagna il “refrain” della canzone. Mostra il guanto attaccato all’altro, che è calzato) Anche questa è una cosuccia mia. E’ una cosuccia senza pretensioni, ma è mia. Non l’ho fatta neanche registrare. E’ di pubblico dominio. Altri, avrebbe precisato: “Made in Gastone…” E’ una mia trovata e me la scimmiottano tutti i comiciattoli del varietà. I miei guanti bianco latte elegantissimi: guardateli! Però il guanto bianco latte è pericoloso… Una volta, sorbendo una tazza di latte, distrattamente mi sono bevuto un guanto… Quante invenzioni ho fatto io! Discendo da una schiatta di inventori, di creatori, di deformatori… quanta genialità nella mia famiglia! La cava del genio. Mio padre, per esempio, ha inventato la macchina per tagliare il burro. Cosa semplicissima: un pezzettino di legno alle cui estremità è attaccato un sottilissimo fil di ferro formante un arco. Naturalmente, per questa invenzione, il mio genitore fu plagiato: soppresso il pezzo di legno, col solo filo — e nemmeno di ferro — han costruito lo strumento per tagliare la polenta… Poi è venuto un certo Marconi che ha abolito pure il filo. Mia madre? Anche lei una grande inventrice: anzitutto ha inventato me. Poi aveva il senso dell’economia sviluppato fino alla genialità: figuratevi, io mi chiamo Gastone. Ebbene, lei mi chiamava semplicemente Tone… per risparmiare il gas… Infatti il mio diminutivo è Tone… tutti mi chiamano Tone… quante donne si contenterebbero di magiare pan… e tone!… Al cinema tutti dicono mo vi è Tone! Eh! A me, m’ha rovinato la guerra, se non c’era la guerra a quest’ora stavo a Londra. Dovevo andare a Londra a musicare l’orario delle ferrovie. Perché io sono molto ricercato… ricercato nel parlare, ricercato nel vestire, ricercato dalla questura… A me mi ha rovinato la guerra, se non c’era la guerra a quest’ora stavo a Londra. Io sono molto ricercato, anche perché porto bene il frac. Io sono nato col frac. Gli altri quando portano il frac sembrano incartati. Io quando sono nato, mia madre mica mi ha messo le fasce, macché… mi ha messo un fracchettino… camminavo per casa sembravo una cornacchia. E adesso vi darò un saggio del mio ingegno: se l’ipotiposi del sentimento personale, prostergando i prolegomeni della mia subcoscienza, fosse capace di reintegrare il proprio subiettivismo alla genesi delle concomitanze, allora io rappresenterei l’autofrasi della sintomatica contemporanea che non sarebbe altro che la trasmificazione esopolomaniaca…Che ve ne pare? Che bel talento. Ma io non ci tengo né ci tesi mai.

Gastone
Sei davvero un bell’Adone!
Gastone
Gastone…
Gastone
Con un guanto a pendolone
Vado sempre a pecorone
Gastone — Gastone.
Ogni cuor si accende ed arde
Perché ci ho gli occhioni belli
Le basette a la Bonnard
Ed i gesti alla Borelli
Misterioso come Ghione
Gastone — Gastone.
Bice
Solo lei mi fa felice
Gemma
Ama solo la mia flemma
Rina
Lei per me la cocaina
Se la prende a colazione
pensando
a Gastone.

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