TONY CRAGG, Vista d’insieme dell’esposizione “Affermazioni e negazioni: sculture”, 18 maggio 2014, Foto: Archivio fotografico Tucci Russo

Seconda parte dell’intervista a Tucci Russo, gallerista.

L'asino vola
7 min readFeb 9, 2017

di Gigi Livio e Ariela Stingi

S-L. Riprendiamo con una domanda, per così dire, a ampio raggio. Quale criterio viene usato oggi per definire un pittore, uno scultore, eccetera come “artista” e quindi degno di entrare nel circuito delle gallerie?

TR. È una domanda interessante perché intanto bisogna vedere come, diciamo quando un’artista ti porta a vedere delle cose, quello che fa entra come linguaggio dentro l’arte. Perché spesso voglio dire entrano tante cose dentro al sistema dell’arte, ma che non si amalgamano in maniera organica e diventano linguaggio dell’arte. Spesso c’è la sociologia, spesso c’è la politica, spesso c’è chi è molto bravo a utilizzare un sistema di comunicazione come può fare uno studio pubblicitario, tipo Maurizio Cattelan, per esempio. Io lo assumerei come creativo pubblicitario, ma non penso che lui sia un artista. Allora quando…

S-L. …su questo siamo perfettamente d’accordo tutti e tre…

TR. …quando entra nell’arte, nel linguaggio dell’arte, su cui non ci sono equivoci voglio dire, benissimo. Poi per quel che mi riguarda io ho sempre fatto un percorso con artisti che sono entrati in galleria grazie al lavoro degli artisti che li hanno preceduti. L’arte mi ha permesso di leggere altra arte, quindi ho delle indicazioni di ricerca come tutti noi rispetto a qualsiasi tipo di ricerca che facciamo andiamo a guardare laddove abbiamo una conoscenza e io mi sono sempre orientato in questo senso. E poi a volte anche rischiando, però intuisci quando dentro a un’artista c’è qualcosa don’t worry… quando dentro ad un’artista c’è veramente qualcosa che appartiene a un senso di creatività, c’è un’onestà creativa… non so come dire.

S-L. Ecco questo è molto importante, onestà creativa.

TR. Perché spesso ci troviamo davanti a individui che sono molto bravi nell’organizzare un prodotto intellettualmente, e quindi fanno una serie di… estrapolano una serie di elementi che appartengono ad altre situazioni, li collocano dentro l’opera che loro vogliono costruire e te la offrono. Però cosa succede: ad un occhio attento quell’opera non riserva nessun mistero nel senso che tu sei capace di decodificare tutto quel processo. Ora quando mi trovo davanti a un’opera d’arte devo, sì, poter capire il processo che muove quel tipo di indagine, ma allo stesso tempo non ho la possibilità di risolvere il problema. C’è quel mistero che ti dice: guarda che qui c’è qualcosa che ha possibilità future di dialogo nel senso che questo signore ha un’ossessione talmente forte che avrà un processo lungo nel tempo. Quando tu le cose le decodifichi, le leggi, perché sono un buon processo intellettuale di cultura finisce lì. C’è una mostra adesso al Castello di Rivoli di un artista, Atkins, che utilizza un processo che va a guardare al surrealismo: ha fatto un video in cui ha ripreso la casa di Breton con la collezione di sculture africane e ogni tanto anima una di queste sculture, questo è il suo intervento. Ma tutto questo processo voglio dire si ribalta poi in altre cose che sono collage che come supporto hanno sempre la citazione no…

S-L. …già, la citazione…

TR. …un avallo che viene preso da un altro contesto e messo nel proprio, senza che questa citazione si modifichi in una questione personale voglio dire. Resta la citazione, resta quella cosa che tu puoi prendere e leggere. Quindi un collage di elementi che mescolati insieme sono interessanti, ma che poi alla resa dei conti sono deludenti, perché non è un vero processo creativo anche se in parte lui pensa che lo sia.

GIULIO PAOLINI, Vista d’insieme dell’esposizione “In Esilio”, 18 maggio 2014, Foto: Paolo Mussat Sartor

S-L. Nel senso che gli manca il “sentimento”, nel senso di “sentire”…

TR. …cioè è un buon prodotto costruito a tavolino, chiunque, anche tu [rivolto a Livio] non sei un uomo di teatro, nel senso di produzione creativa del teatro, ma se ti mettessi lì e pensassi a una pièce di teatro, tu saresti in grado di metterla in piedi, come io sarei in grado di inventarmi un artista voglio dire.

S. Certo, avreste gli strumenti ma poi vi mancherebbe quello scatto in più che solo è dell’artista.

L. Quello che manca oggi, azzardo, è il dolore. Detto così è un po’ banale da una parte e dall’altra incomprensibile. Intendo dire che vivere in questo mondo non fa bene, soprattutto non fa bene a un artista, in un mondo che continuamente nega l’arte, che è pieno di volgarità, di bassezze: è possibile oggi essere un artista in qualsiasi campo, senza che nelle proprie opere risulti evidente una forte carica di dolore per essere costretto dal proprio temperamento a fare dell’arte in un mondo così? È questo che fa “lievitare”, diciamo così, l’opera?

TR. Diciamo che generalmente all’interno di queste figure che apparentemente sono persone normali esiste voglio dire qualche dissonanza con ciò che sta all’esterno, nel senso che quello che è all’esterno produce loro fratture violente, o sensazioni violente che poi vengono elaborate attraverso un linguaggio creativo. Generalmente è così. Adesso di che natura sia il dolore di cui parlavi tu dipende da caso a caso. A volte il dolore viene provocato da una forte ossessione…diventa anche voglio dire espressione di qualche malattia che fisicamente si presenta, voglio dire, questo noi intellettuali, io non sono intellettuale ma… generalmente…

S-L. Adesso abbiamo capito qualcosa sulla differenza tra il gallerista e il mercante: il gallerista è anche un intellettuale, il mercante no, è solo un mercante. Giusto?

TR. Questo è giusto.

S-L. Benissimo, quindi non è vero che tu non sia un intellettuale.

TR. Voglio dire che spesso c’è una tale sensibilità nel raccogliere le cose che questo diventa sintomo poi di problemi che si riflettono fisicamente.

L. Io per dolore intendevo sostanzialmente quello, cioè che l’artista — un vero artista — che poi non so forse (ma forse no) che cosa voglia dire oggi, comunque, riprendendo questa definizione secca e impegnativa, una cosa per me è certa a cioè il fatto che un vero artista non può accettare questo mondo.

TR. No, certo, certamente. E comunque c’è sempre, voglio dire, in qualche modo dentro gli artisti c’è sempre un’iperbole. C’è qualcosa che diventa gigantesco, si ingrandisce ecco, poi che vada in una direzione o nell’altra, però questa cosa c’è. Un puntino che è piccolo che improvvisamente diventa una sfera enorme che cresce, cresce, cresce, non la controlli più, poi ci entri direttamente dentro, poi quella è la storia, non so è così.

S-L. Qui si collega l’altra domanda sul concetto di arte, artista, come si colloca o, per usare un termine “mercantile”, viene utilizzato attualmente nel mercato. Questo un po’ era già nella risposta del mercato…

TR. Sì, poi sai non sempre il mercato ha ragione, nel senso che io sostengo che la storia dell’arte è molto da riscrivere, perché il mercato ha fatto enormi dimenticanze, ci sono artisti che il mercato non ha considerato. Io lavoro anche con artisti che il mercato non accetta così, no, e che invece sono quelli che poi fanno delle cose straordinarie, quindi voglio dire il mercato è una realtà parziale, molto parziale. Ora però oggi siamo entrati, come dicevamo all’inizio di questa chiacchierata, in un percorso in cui il mercato è diventato preponderante perché è il sistema che ha voluto questo. Tornando al fatto, guarda io dico sempre oggi si parla troppo di arte, si parla troppo di cultura, si parla molto del prodotto e questo ha svilito ogni cosa perché sai l’industria, questi signori sono intelligenti nel business, hanno capito come manipolare le cose, e le hanno comprate.

GIUSEPPE PENONE, BASICO. Moto perpetuo, 10 ottobre 2010, Foto: Archivio fotografico Tucci Russo

S-L. La domanda era proprio questa: i signori che vendono e che manipolano come hai detto tu, propongono arte, dicono loro ovviamente; ma cosa significa per loro arte? Ma forse la domanda contiene in sé già la risposta nel senso che per loro arte è quello che riescono a vendere.

TR. Non solo, però sono anche così bravi in sede privata da comprare anche delle cose che poi qualitativamente rispondono alla parola arte. Loro fanno un pacchetto generale, poi però, certo, hanno dei distinguo dentro alle cose, non tutti ma qualcuno sì. C’è stato un momento, tornando a questioni precedenti, quando i socialisti nel nostro percorso storico diventano molto importanti, nell’epoca craxiana per intenderci, c’è un momento in cui gli intellettuali pensano che il rapporto tra intellettuale e mondo dell’industria è quasi paritario. Secondo me quello è un momento drammatico invece, perché non potrà mai essere… però quel momento lì c’è stato e ha determinato dei collassi. Dei collassi nel senso che gli altri hanno approfittato di questo fatto e hanno capito che gli altri volevano entrare dentro… ne hanno approfittato, hanno capito, questi intellettuali hanno permesso a questi signori di capire meglio qual era il sistema cultura come industria. Sono quelli che hanno dato il “la” per creare qualcosa di più complesso che noi stiamo vivendo oggi in questo modo qui. Poi io credo che le cose intanto arrivano, le piramidi oltre a un certo punto non possono essere costruite, voglio dire, saremo costretti a tornare indietro e a confrontarci con delle radici che abbiamo dentro per chi ha coscienza. Perché se no è la fine del mondo. D’altronde quando le destre nel mondo stanno cominciando a prendere… a formarsi in un certo modo, è chiaro che si arriva poi a una situazione di collasso, di attrito tale per cui alla fine…

S-L. Certo, rinascono i nazionalismi e i nazionalismi sono alla base delle guerre, i nazionalismi economici soprattutto.

TR. Non c’è dubbio su questo, quindi sai siccome non credo che ci sarà da parte di chi ha enormi quantità di denaro distribuzione del medesimo alle altre classi, allora non so, io in questo senso sono pessimista. Pur, voglio dire, a volte hai dei momenti in cui poi scopri che la realtà ti mette davanti tante e tali cose così drammatiche che non c’è soluzione, intendo, a quel problema lì. C’è soltanto un momento di radicalità che può riazzerare tutto e poi si vedrà cosa succede. Io spero di no. Tanto guarda sono vecchietto abbastanza da sperare di non vedere tutto questo…

--

--

L'asino vola
L'asino vola

Written by L'asino vola

scritti molesti sullo spettacolo e la cultura nel tempo dell'emergenza

No responses yet